venerdì 13 dicembre 2013

Trucco e appartenenza

L'antropologia ci insegna che il truccarsi, fin dagli albori, nasce non solo con la funzione di abbellimento dell'immagine corporea, ma che ha a che fare con il concetto di identità e appartenenza culturale a diverse etnie e razze. 


Si pensi, solo per citare alcuni esempi, ai nativi americani e ai loro tipici costumi e colori che sanciscono l'appartenenza a una determinata tribù, alle donne indiane che sono solite marcarsi la fronte per comunicare al mondo il loro nuovo status, agli indigeni delle tribù che si truccano ulteriormente in occasione delle festività.
In tutti questi casi truccarsi è una forma di comunicazione forte che ha il significato di differenziarsi dagli altri, di “gridare” e sbandierare la propria identità. 

Oggi questo significato è rimasto in parte intatto, sebbene trasposto nel nostro modo di vivere il mondo. Pensiamo ad esempio alla recente moda degli emo, ragazzi che si truccano e vestono seguendo alcune regole in modo da appartenere a un certo gruppo. Prima di loro c'erano i punk, i metallari, i paninari e chi più ne ha più ne metta, mentre le generazioni a venire troveranno altri modi ancora diversi per differenziarsi da chi vive il loro contesto.

Certo mentre ci si differenzia da alcuni, si sviluppa anche un discorso legato alla ricerca di appartenenza ad altri. Questo perchè è presente l'idea che essere parte di un gruppo può a un qualche livello aiutarci a indossare una identità più precisa, meno confusa e più stabile, oltre che condivisa da altre persone.

Da questo punto di vista, quindi, il trucco, per gli aborigeni tropicali come per gli emo di oggi e domani, svolge una funzione comunicativa molto simile.

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